martedì 24 marzo 2020

IPOTESI DELLA RELATIVITÀ LINGUISTICA

IPOTESI DI SAPIR-WHORF

Come spiegato già nei diversi articoli, è riduttivo attribuire al termine relatività il solo significato fisico.

Uno studio molto interessante risulta quello del linguista e antropologo statunitense di origine tedesca E. Sapir e del suo allievo B. L. Whorf che affermano tramite "l'ipotesi della relatività linguistica" o anche detta "ipotesi di Sapir-Whorf" che lo sviluppo cognitivo di ciascun essere umano è influenzato dalla lingua che parla. Nella sua forma più estrema, questa ipotesi assume che il modo di esprimersi determini il modo di pensare.



I due professori studiarono le lingue dei nativi americani di diverse famiglie linguistiche e si resero conto di come gli stili di vita e le espressioni linguistiche variassero moltissimo da un posto all'altro. Fu compreso quindi che la cultura e gli stili di vita di un popolo si riflettevano sulla lingua che essi parlavano.


Tra gli esempi più noti di relatività linguistica ci sono casi in cui una lingua indigena ha diversi termini per un concetto che è descritto con una sola parola nelle lingue europee. L'esempio più famoso è quello del grande numero di parole per esprimere il concetto di "neve" nella lingua Inuit.
L'argomento più elaborato di Whorf per la relatività linguistica, fondamentale nella comprensione del concetto "tempo" tra gli Hopi, sosteneva che, a differenza dell'inglese e di altre lingue, gli Hopi non trattano il "tempo" come una sequenza numerabile (es: tre giorni, quattro ore) perché non ci sono parole che si riferiscono a unità di tempo.


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