domenica 29 marzo 2020

STEP#4 - IL MITO DEL LABIRINTO

Il Labirinto, come tutti i grandi simboli della tradizione, non ha solo un significato né una sola variante mitica. Sono molti, infatti, i miti e le leggende, anche non europee, in cui si parla di labirinti che l’eroe deve percorrere per raggiungere una meta importante, un tesoro prezioso.


"Teseo e il Minotauro" / 80-60 a.C.

Riguardo a quello di Cnosso, storicamente è stato detto che rappresenta la vittoria della cultura greca su quella micenea. Teseo è uno dei più importanti eroi della mitologia greca ed uno dei pochi a non essere (almeno nella maggior parte delle tradizioni) figlio di almeno un dio. E' completamente umano. Ed è anche un eroe molto simile ad altri due eroi greci, Odisseo ed Ercole, entrambi giramondo e uccisori di mostri.

Il Minotauro è un mostro interessante. Il labirinto può essere interpretato come la volontà di separare il mondo etico dal mondo politico. Nascondendo il frutto di un amore impossibile e animalesco, Minosse si piega alla ragion di stato e antepone in suo sè egoistico all'esigenza di verità. E' un tema ricorrente nella mitologia greca, che ha il suo massimo fulgore in Edipo. 



Il Minotauro è quindi un doppio di Minosse. Il suo sè bestiale, il sè bestiale di ognuno di noi, che non può essere dimenticato ma che dobbiamo sforzarci di superare, senza alienarci da esso.
E infatti Teseo lo uccide attraverso l'amore e l'ingegno. L'amore di Arianna e il suo filo. Il filo che si contrappone al labirinto. Il labirinto ci fa perdere nei suoi meandri (lo costruì Dedalo) mentre il filo (della ragione) ci riconduce ad un quadro comprensibile e consolatorio.
L'attacco di Teseo al mostro rappresenta quindi contemporaneamente una vittoria storica e una vittoria ideologica, quella della Grecia contro Creta e quella della ragione contro l'ignoranza e la bestIliatà arcaica, il mistero e in sostanza il sacro. Quindi l'uccisione del Minotauro è esattamente l'uccisione del sacro e del mistero a favore del percorso razionalizzazione dell'uomo moderno.





martedì 24 marzo 2020

IPOTESI DELLA RELATIVITÀ LINGUISTICA

IPOTESI DI SAPIR-WHORF

Come spiegato già nei diversi articoli, è riduttivo attribuire al termine relatività il solo significato fisico.

Uno studio molto interessante risulta quello del linguista e antropologo statunitense di origine tedesca E. Sapir e del suo allievo B. L. Whorf che affermano tramite "l'ipotesi della relatività linguistica" o anche detta "ipotesi di Sapir-Whorf" che lo sviluppo cognitivo di ciascun essere umano è influenzato dalla lingua che parla. Nella sua forma più estrema, questa ipotesi assume che il modo di esprimersi determini il modo di pensare.



I due professori studiarono le lingue dei nativi americani di diverse famiglie linguistiche e si resero conto di come gli stili di vita e le espressioni linguistiche variassero moltissimo da un posto all'altro. Fu compreso quindi che la cultura e gli stili di vita di un popolo si riflettevano sulla lingua che essi parlavano.


Tra gli esempi più noti di relatività linguistica ci sono casi in cui una lingua indigena ha diversi termini per un concetto che è descritto con una sola parola nelle lingue europee. L'esempio più famoso è quello del grande numero di parole per esprimere il concetto di "neve" nella lingua Inuit.
L'argomento più elaborato di Whorf per la relatività linguistica, fondamentale nella comprensione del concetto "tempo" tra gli Hopi, sosteneva che, a differenza dell'inglese e di altre lingue, gli Hopi non trattano il "tempo" come una sequenza numerabile (es: tre giorni, quattro ore) perché non ci sono parole che si riferiscono a unità di tempo.


lunedì 23 marzo 2020

STEP#2 - IL RELATIVISMO E LA RELATIVITÀ

RELATIVITÀ E RELATIVISMO

Si legge spesso che il concetto di relatività introdotto nel 1905 da Einstein abbia rafforzato le tesi del relativismo inteso in senso filosofico.
Introduciamo entrambe le teorie e cerchiamo di capire, in realtà, perché non sono la stessa cosa.




  • RELATIVISMO
Per relativismo si intende una posizione filosofica di negazione dell'esistenza, il cui obiettivo è quello di conoscere la verità intesa come condizione umana. In generale infatti, il relativismo nega la possibilità di assumere un punto di vista oggettivo  sulla condizione umana e si limita ad affermare invece la verità di ogni punto di vista preso per sé stesso e quindi, la sua ineluttabile relatività. 
L'umanità si riduce quindi ad un insieme di opinioni individuali che possono risultare relativamente valide.

<<La cultura sofistica attraverso la critica della nozione di verità perviene ad una forma più radicale di relativismo. Non solo non esiste una verità assolutamente valida, ma l'unico metro di valutazione diviene l'individuo: per ciascuno è vera solamente la propria percezione soggettiva. Analogamente tale visione relativistica del mondo viene applicata al campo dell'etica... Non esistono azioni buone o cattive in sé; ciascuna azione deve essere valutata caso per caso.>>
(Fabio Cioffi, I filosofi e le idee)

Le origini del relativismo vanno ricercate al tempo dell'antica Grecia, precisamente nel periodo della crisi di Atene del dopo Pericle.

Si sviluppano infatti delle contraddizione della tradizione politica e filosofica degli anni precedenti, facendo nascere così una nuova dottrina filosofica; quella dei sofisti

(fonte: https://it.wikipedia.org/wiki/Relativismo_etico_sofistico)


  • RELATIVITÀ
Le origini della relatività intesa come concetto fisico vanno invece ricercate agli inizi del 1900, quando il tedesco Einstein formula la teoria della relatività ristretta, facendo nascere una nuova fisica e un nuovo modo di guardare l'universo.

Citando Paolo Musso: <<la relatività non è affatto una teoria del relativo, ma piuttosto dell'assoluto. Infatti la relativizzazione dello spazio e del tempo [...] da cui essa ha preso il nome fu solo il prezzo che si dovette pagare per giungere ad una ben più fondamentale unificazione, dimostrando l'invarianza (cioè, appunto, l'assolutezza) delle leggi di natura per tutti i fenomeni e per tutti i sistemi di riferimento>>.


(fonte: Paolo Musso, La scienza e l'idea di ragione. Scienza, filosofia e religione da Galileo ai buchi neri e oltre, Mimesis, Varese, 2001.)

domenica 22 marzo 2020

STEP#1BIS - RITORNO ALLE ORIGINI

Il termine relativo, dal latino "Relativus" , può assumere diversi significati a seconda dei contesti in cui viene utilizzato.
Solitamente quando si parla di relatività tendiamo a ricollegarla immediatamente al suo concetto fisico elaborato dal tedesco A. Einstein.


TRADUZIONI

Tedesco: Relativität
Inglese: Relativity
Francese: Relativité

Per capire al meglio il significato del termine relativo è giusto introdurre il  concetto di "assoluto", in quanto opposto alla parola che stiamo analizzando. 
Assoluto è un qualcosa libero da limiti, non dipendente da nient'altro, completo in sé.
Relativo, dunque, è un qualcosa di incompleto e limitato. 

Affronteremo dunque, nel corso dei prossimi articoli, i vari significati che questo termine può assumere. Siccome una sola definizione di quest'ultimo risulterebbe superficiale.


giovedì 19 marzo 2020

STEP#1 - DEFINIZIONE ED ETIMOLOGIA DELLA PAROLA RELATIVITÀ


Relatività s.f. [der. di relativo]
1. La condizione, la natura e il carattere di ciò che è relativo: 
r. della conoscenza del reale, in filosofia, r.del tono in musica.
2. In fisica, genericamente, si parla di relatività quando talune proprietà o grandezze che caratterizzano un ente fisico sono definibili, e assumono quindi significati e valori univoci, solo se si è convenzionalmente fissato un criterio di riferimento (es.: un sistema di coordinate), cosicché tali significati e tali valori non possono essere considerati assoluti (indipendenti cioè dal sistema di riferimento adottato) e inerenti all'ente stesso, ma vanno al contrario concepiti come relativi, in quanto variano se il sistema di riferimento viene, per qualsiasi ragione, cambiato.

fonte: Dizionario Treccani





ETIMOLOGIA DELLA PAROLA
relativo = lat. RELATÍVUS (v. Relato).
Che si riferisce; rispondente.
Deriv. Relativaménte.